E’ un intero meccanismo sociale che si frantuma.
Non è qualche caso sporadico derivato dalla follia, ma il risultato di un sistema intero che si va sgretolando e che mostra oggi tutti i suoi risultati. E’ il crollo dei valori, di un sistema adottato, il crollo dei sogni sperduti, dei desideri inafferrati. E’ il frutto di anni e anni di ricerche errate, di una cultura dell’apparire, delle sofferenze al mancato bisogno. L’incredibile crescita di violenza che si è venuta a verificare nella nostra nazione è sconvolgente e meriterebbe un’attenzione assoluta, non un’attenzione mediatica ma un’attenzione puramente sociale. Qui non è più un problema di costituzione qui è un problema culturale profondo che sta insinuandosi nelle nostre vite rendendo il futuro alquanto pericoloso. La violenza fa parte della nostra cultura, nasce con l’uomo, nulla di strano, la si accetta anche in notevole quantità, ma la si accetta quando questa viene da situazioni dove ci si aspetti violenza. Quando invece la violenza nasce dal basso, e può affacciarsi negli occhi di chiunque, non c’è più possibilità di controllo. La violenza non ha più età, non ha più colore ne appartenenza sociale, divampa ovunque, all’improvviso ed è una violenza che terrorizza perché è una violenza delle debolezze, delle insicurezze, delle frustrazioni. Quando un giovane di diciassette anni arriva a bruciare una ragazza di quindici anni per gelosia, è un grave problema sociale, quando un ragazzo accoltella un coetaneo per una lite in discoteca è un grave problema sociale, quando la violenza sulle donne dilaga ed è un chiaro atto di forza e di sottomissione, è un gravissimo problema sociale. Questa non è delinquenza, malavita, questa è gente comune, gente che esplode psicologicamente, e vede come unica soluzione la violenza, l’uccisione. Ammazzare una persona, è l’atto più vile che si possa compiere, è altrettanto vile picchiare, sottomettere, ma uccidere un altro uomo solo per una lite è impensabile. Eppure accade, ed è sempre più frequente, accade mentre guidi, in coda in un ufficio, accade in un locale dove sei andato a passare una serata, accade ovunque. Accade ed accresce ancor di più le nostre insicurezze, ci rende sempre più distanti ed isolati, e talmente impauriti da non intervenire di fronte ad un sopruso che non ci colpisca direttamente. Una violenza che divine intima, tra le mura domestiche, in un ufficio, sotto casa, una violenza personale, covata, valutata, esternata. Qui non si tratta di guerriglie, di rivoluzioni, qui si tratta di un pensiero dei singoli che vedono nella violenza l’unica forma di dichiarazione del proprio io. Sono i valori sballati, i messaggi falsi, la sfiducia nelle istituzioni, le pubblicità, i programmi, l’informazione tutti, dovrebbero fermarsi e farsi un esame di coscienza molto profondo. E’ un intero sistema sociale che sta craccando che sta generando una nuova generazione fragile, propensa al suicidio alla disperazione perché non vede alcuna uscita. C’è un grosso errore di valutazione di fronte alle difficoltà, c’è una paura eccessiva di fronte alle conseguenze e cade sempre più in basso quello che una volta si chiamava buon senso, quel saper “chiudere un occhio”. Il messaggio terrorizza, non è volto a trovare soluzioni, ma a cadere nella disperazione. Mai per quel che io mi ricordo abbiamo vissuto un periodo di così profonda fragilità mentale, di debolezza che vuole essere nascosta dietro la violenza, ma io credo fortemente che un popolo violento sia solo il frutto di un popolo debole, non certo sintomo di forza. Mi auguro che al più presto dalla politica e dalla cultura possano arrivare messaggi forti e concreti, che si inizia a pubblicizzare ben altri valori, che la figura di sociologi, psicologi, possa crescere all’interno di scuole ed istituzioni e che sia al servizio dei cittadini di qualsiasi fascia di reddito. A lungo termine così facendo ci autoeliminiamo, c’è bisogno della forte diffusione di nuovi valori. C’è bisogno di un mondo che ti inciti a sognare, a cercare di realizzare i sogni, a far camminare spalla a spalla sogni e progetti, e soprattutto c’è bisogno di un mondo che non neghi la possibilità i ripartire, di riprovarci. Un mondo che ti sostiene, ma forse c’è bisogno soprattutto che noi stessi siamo i primi a sostenere chi ci sta vicino. I bisogni che sono stati generati nel tempo devo essere accessibili perché altrimenti diventano frustrazioni, e le frustrazioni possono solo sfogare nella violenza, su sé e su gli altri. L’uomo è un animale che vive per soddisfare i propri bisogni, è una delle prime descrizioni che si trovano in qualsiasi testo di sociologia, ma se questi bisogni tendono all’impossibile, l’uomo diviene un animale in continua ricerca, come un cane che rovista tra i secchi e non mangia da giorni; alla fine attaccherà i suoi simili. E’ sopravvivenza.
Spero che ognuno inizi fortemente a lavorare su sé e su chi gli vive accanto, altrimenti la situazione si va veramente drammatica.
Buona vita, a poi.
Alessandro Vettori