IN RITARDO SULLA TUTELA DELLA PAURA

Era trascorso da poco il primo mese di guerra, scrissi un articolo su Orsini e l’elogio della paura, (https://alexvettori.com/2022/03/29/orsini-lelogio-della-paura/) la questione era già evidente, ma la comunicazione, in Italia, è fatta così, iniziamo a parlare di paura dopo settanta giorni di questa assurda invasione, e una delle prime che ne parla è Selvaggia Lucarelli.

Senza nulla togliere alla Lucarelli, mi domando perché questa tematica non sia stata affrontata dal principio, quando abbiamo assunto con estrema leggerezza le minacce già evidenti di Putin, quando il diritto alla paura iniziava a diventare tematica fondamentale, quando bisognava subito mettere in evidenza che alcuni giornalisti, anti americani a prescindere, amplificavano l’idea di paura, più che mai giustificata, in una situazione del genere.
Rivendicare il diritto alla paura è assolutamente lecito, ma usare la paura per rivendicare il non inviare armi, quindi la richiesta di resa all’aggredito, è veramente un concetto difficile da sostenere.
“La guerra si ferma con la diplomazia” bisogna far sedere i due popoli belligeranti al tavolo della pace”, peccato che Putin non abbia mostrato alcun interesse in questa direzione.
“Bisogna che l’Italia prenda la distanza dall’Europa e si faccia promotrice di pace, che sia esempio per le altre nazioni europee”, tutte parole che non hanno mai argomentazioni concrete, soluzioni credibili da mettere in campo.
Lungi da me il concetto di considerare ogni “pacifista” come filo putiniano, è ovvio che questo accostamento diretto sia semplicistico e poco veritiero, quel che invece ritengo molto più sostenibile è che quando al concetto di dubbio sul mandare o no le armi, si uniscono argomentazioni che tendono a giustificare le azioni di Putin, dimenticando tutte le pubbliche dichiarazioni che, quest’ultimo, ha esternato contro l’occidente, la democrazia, l’Europa, le continue minacce propagandiste che hanno e continuano ad alimentare la lecita paura di cui parliamo, mi portano ad alla conclusione. Se la propaganda del Cremlino punta ad alimentare la paura, ed è innegabile, a maggior ragione dovremmo avere necessità di una protezione dalla paura.
Cosa dovrebbe proteggerci dalla paura in questo terribile conflitto, la fuga dalla possibilità di essere coinvolti, o l’unione con i nostri alleati, il sostegno, e la resistenza?
Allontanarci, non rischierebbe di generare nell’aggressore la convinzione di poter, grazie alla paura avanzare nei propri obiettivi dichiarati?
Se si crede veramente nella libertà e nella democrazia come conquiste sociali, non si può non credere alla necessità di lottare per dare solidità a questi valori, ancor meno si può chiedere ad un popolo sovrano invaso con motivazioni inverosimili, quali la denazificazione, di scendere a compromessi assolutamente ingiustificati.
La paura è necessaria, spesso, per avere cautela, per aiutare la riflessione, ma non può essere un limite

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