
Ho quasi 47 anni e mi rendo conto di essere un completo fallimento. Se così non fosse oggi starei accanto a questa bimba che ho allegato nella foto a riparare le spaccature. La cosa che mi fa ancor più male è che quelle spaccature le ho costruire io insieme a quella distanza che l’ha lasciata sola.
Le ho costruite ogni volta che non ho lottato per un’idea ma ho solo chiacchierato, quella volta che le ho detto “ai tempi miei era migliore” ma non gli ho proposto nulla, quella volta che le ho detto “la musica di oggi non vale nulla confronto a ciò che ascoltavo io” ma non gli ho proposto di ascoltare altro senza intromettermi, quella volta che le ho spiegato il mio personale punto di vista invece di proporle gli elementi per poter creare il suo personale punto di vista, quella volta che eravamo tra persone adulte e lei ci guardava sbraitare per imporre un pensiero chiudendosi sempre più in se stessa ed altre infinite volte dove non mi sono accorto che lei era lì davvero.
Perché nessuno chiede mai ad un adolescente, tu cosa ne pensi e troppo spesso quando accade poi lo si contraddice. Si parla tanto dei social che sono divenuti luoghi invivibili, urlanti, babilonie di offese, luoghi delle assurde ragioni, soprattutto Facebook, ma su Facebook gli adolescenti ci sono?
No, non lo frequentano affatto preferiscono altre tipologie, più veloci, più sintetiche, più vicino al loro linguaggio. Noi con il nostro ossessivo bisogno di esprimerci, di spiegare, di trovare ragioni e loro con la loro voglia di stingere, di sintetizzare, perché probabilmente hanno un’idea del tempo differente, meno dilatata. A questa generazione, agli adolescenti di oggi, spetterà ricostruire e lo dovranno fare però con un grande handicap, la solitudine.
Sì perché mentre noi eravamo intenti ad urlare, loro si sono sempre più chiusi ed isolati, hanno piegato le teste sui loro piccoli schermi e hanno pensato che in tutto questo frastuono la casa, la loro stanza, fossero il luogo più sicuro al mondo. Giudicare piuttosto che proporre, imporre piuttosto che proporre, condurre piuttosto che direzionare, sono stati grandi sbagli, ma possiamo ancora sederci accanto a loro, mentre, con dei piccoli cerotti, cercano di arginare le spaccature e invece di dirgli “guarda che non riuscirai così a rimarginare le ferite”, stare in silenzio, prendere quei cerotti e metterli insieme a loro, dare forza a quel tentativo disperato di provarci, magari di sbagliare, comunque di provarci.