Cosa c’è di strano nella libertà, in quel desiderio che ti fa sentire leggero e in stretto contatto con il mondo, che ti fa guardare chi ti cammina accanto con curiosità, perché senti che comunque, c’è sempre qualcosa da imparare?
La libertà di essere, di potersi contraddire, la libertà di dire.
In questa grande baraonda, dove c’è sempre chi vuole convincere qualcuno che sta sbagliando, dove ci aggrappiamo a pensieri che non ci appartengono, o meglio che non nascono da noi, e per quelli ci incanaliamo in fiumi di parole, discussioni che barcollano sul filo dell’inutilità.
Porsi al pari di un tifoso, che difende colori non concetti, non idee, ma una maglietta. Se va bene nello sport, funziona poco nella vita, dove per naturale evoluzione, non si può essere concordi con una complessa linea di pensiero, perché nulla ci calza completamente addosso.
Se ci piace il modo di ragionare di una persona e decidiamo di seguirla, non possiamo sempre essere d’accordo con lei solamente perché l’abbiamo scelta.
Non c’è sviluppo nel raccontare senza elaborare, senza contrastare, senza fare addirittura opposizione quando serve.
Ma diciamo le cose come stanno, c’è una grande debolezza in chi ha bisogno sempre delle parole di qualcun altro, di chi per pigrizia o per status, non s’impegna mai a capire.
Semplici spettatori che navigando il mondo, non fanno altro che riportare, che forse hanno l’illusione che il viaggio appartenga solo a loro.
E si genera un noioso mondo di ripetizioni, di facile accesso, preso per caso, e messo in cammino. Un comunicazione così partorita non può che generare tante bugie su storie vuote che non avrebbe proprio senso raccontare.
Sarà paura, sarà ignoranza, sarà la solitudine che ci cammina appresso, quella che ci porta a stare ad un tavolo e preferire un cellulare piuttosto che affrontarsi in un discorso.
Discutere, quant’era bello quando si discuteva, quando uscire era una ricerca, era qualcosa da scoprire.
Parlare ore, senza darsi mai ragione, eppure la notte, prima di dormire, ripensare alle parole e sorridere appena prima di dormire, perché in fondo, qualcosa avremmo potuto anche cambiare.
Cambiare, chissà perché fa così male quando è invece una delle nostre più grandi libertà, staccarsi dai doveri, dal dover per forza sostenere, rivalutare.
Cambiare che è il principio dell’evoluzione, che già solo a pensare di cambiare, s’innesca l’idea di movimento. Se non per la voglia di cambiare, qual’è il senso della scoperta, di quel desiderio di cercare qualcosa di diverso, di nuovo?
Il movimento per il cambiamento, la ricerca insita nel movimento, la possibilità di evoluzione non sono, le note dove risuona l’arte, dove compone l’artista?
È quel continuo desiderio di movimento, di mettersi alla prova, di poter cambiare idea, ad alimentare l’arte. Somigliare ad Icaro, l’idea di un viaggio impossibile, immaginarne il pericolo ma andare oltre la paura.
Sono le infinite porte chiuse che ti faranno diventare uomo, l’incertezza di visitare ogni stanza dietro quelle porte, entrare anche quando la luce è spenta, abituarsi al buio, cercare un’altra porta per uscire. Lo sai che molti torneranno indietro ed è tutta lì la differenza, se non intraprendi il viaggio, quella storia te la potranno solo raccontare.
E tu ci crederai, probabilmente, e la racconterai, ma non è tua. Sei la somma delle tue avventure, delle cadute, delle soluzioni cercate, delle porte sbagliate. Che meraviglia l’esistenza.