È notte fonda, l’orologio avanti di un’ora, eppure la vita è completamente immobile.
C’è una profonda intimità stanotte, spengo tutto, cerco qualcosa da ascoltare che mi faccia compagnia. Inizio con un brano di Eddie Vedder, “Long night” fa parte della colonna sonora del film “Into the wild”.
Vi consiglio se non l’avete già fatto di tradurvi il testo, c’è molto da raccogliere per molti di noi in questi giorni. La voce calda di Eddie ti bussa sulla spalla, come a dirti amico mio, my friend, vieni, iniziamo il viaggio dentro questa lunga notte.
Una delle più belle capacità che ci è concessa, l’immaginazione, è una splendida salvezza il viaggio della mente.
Improvvisamente, anche la più piccola stanza diviene una foresta, una strada illuminata solo dalla luna, sulla quale cammini senza vedere un punto d’arrivo, solo la necessità di andare avanti, di procedere.
Lascio ancora più spazio alla fantasia di questo mio viaggio e mentre guardo la strada inizio a vedere le prime foglie che si muovono col vento, un movimento sempre più rapido, vorticoso, mi circonda sino ad avvolgermi e sollevarmi, questo folle vento.
“Wild is the wind”, folle è il vento, canta David Bowie, che va a sostituire il mio brano precedente e continua a trascinarmi in volo, fino ad arrivare ai primi bagliori della città.
Lascia che il vento ti soffi nel cuore, perché folle è il vento.
Ed è una bellissima storia d’amore quella che ci racconta Bowie, poche parole, sempre essenziali, spesso ripetute, ma che potenza quando lo senti dire “You touch me”,
mi tocchi e sento il suono dei mandolini, e mi lascio andare ad ogni momento di lei, che intanto dorme.
È un cinema all’aperto, ormai, quello che ho davanti.
Devo solo scegliere il miglior posto dove collocarmi, accendermi una sigaretta e ritrovarmi attraverso i fotogrammi. Immaginare che qualcuno avesse avuto la follia di registrare la mia vita e dopo un montaggio minuzioso, mi stesse restituendo il meglio di quello che ho vissuto.
Si proietta nel cielo sopra di me, un cielo che stanotte mi sembra senza stelle, sarà la troppa luce, o forse sarà soltanto, il suono del silenzio, ormai vedo soltanto immagini prive di ogni suono.
Lascio partite una versione delicatissima cantata da Nouela, salve oscurità, mia vecchia amica, sono venuto a parlarti nuovamente, ascolta il suono del silenzio. Ed è così profondo che mi ci perdo ancora dentro e improvvisamente mi sento così solo, nella realtà di questa situazione, eppure so che c’è una soluzione.
Le persone salvano le persone, “People, help the people” canta una giovanissima Birdy, dovremmo farlo anche noi, e se avrai nostalgia, canta ancora, dammi la mano e la terrò stretta, le persone, aiutano le persone.
E così la notte passa, tra realtà e fantasia, mi manca solo un ultimo pensiero, quello di quando tutta questa situazione finirà e potremo tornare alle nostre libertà, e sarà come un miracolo scendere di nuovo nelle piazze e riconquistare tutte le nostre piccole certezze, provare che c’è mancato tutto, soprattutto le persone anche quelle che solitamente ci piacciono di meno.
E come dice quella canzone?
Si muove la città, con le piazze i giardini e la gente nei, bar, galleggia e se ne va… si, questa notte la voglio chiudere così, con il brano più bello, da come lui stesso ha dichiarato, di Lucio Dalla, “La sera dei miracoli”.
Probabilmente la nostra ripartenza non sarà così, non ci troveremo improvvisamente in una piazza tutti insieme con gli occhi lucidi per aver superato uno dei momenti più difficili della nostra storia, ma nessuno può vietarci di far si che pian piano non si possa organizzare una grande sera dei miracoli, la nostra sera dei miracoli.
Buonanotte.